23.4.18

Brinzio

Domenica mattina di primavera, che sembra agosto, un filo di brezza, il caldo che aumenta, il riscaldamento che sembra già una gara. Ci si saluta, ci si guarda intorno, il fascino dell’inedita, le montagne che avvolgono il piccolo paesino: non sarà una passeggiata.

Si parte, giro di lancio e poi su, verso la Mottarossa, prima sulla destra il laghetto, una rapida occhiata a cercare qualcosa, qualsiasi cosa, ma niente.

Si entra nel bosco, un rapido saliscendi nervoso, eppure manca qualcosa, un rapido sguardo ancora verso destra ma non si riesce ad intravedere ancora niente.



Ancora su e giù e si arriva a metà gara, il ristoro e poi una signora che ci dice “via, via”. Ci penso un attimo, via da cosa, cosa ci sta nascondendo: ci penso un attimo, un altro ancora e poi cambio strada.

Mi butto a capofitto giù nei boschi, spostando rami secchi e sterpaglie, scivolando, restando in equilibrio fino a raggiungere la riva: qui immobile, mi chino per toccare l’acqua con la punta delle dita, ma non c’è acqua, è solo un’illusione e allora prendo coraggio e mi tuffo.

Nuoto, fluttuo, non riesco a descrivere questa situazione, vedo solo un bagliore, lo seguo, mi avvicino ed è sempre più intenso…

Sbuco su un prato innevato, della mia Brinzio che conosco, ed eccola lì, candida, che mi guarda ma non mi dice niente. Gli chiedo: ”ma perché non ti sei fatta vedere?”

Mi sorride, mi strizza l’occhio e poi si gira guardando il cielo. Lo guardo anch’io ed allora capisco.

Mi ritrovo sull’ultimo tratto di sterrato, invito gli altri runners a non mollare, manca poco, la voce dello speaker si fa più intensa, ultimi metri e l’arrivo.

Felice, stanco, sudato, un rapido sguardo lassù in alto, strizzo l’occhio, io l’ho vista.



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