26.2.17

Marciando

Ci risiamo, 36a edizione del Piede d'Oro, anno più o anno meno, col pettorale ne ho corse quasi una trentina e pressapoco, avendo iniziato nell'83, ho partecipato a buona parte delle gare in programma.
Si riprende con la voglia di riprendersi, di tornare ai livelli di qualche anno fa (quando si andava forte); ed anche se i risultati non sono incoraggianti, francamente me ne infischio e continuo a correre.

Quindi, dopo aver sbrigato le faccende del gruppo (consegna dei cartellini e dei pettorali ai miei soci), inizio a scaldare i motori, circa, più le espressioni facciali... Nella prima foto (attenzione, grazie ad Aldo, non selfie) siamo un po' assonnati, come se ci avessero tirato giù dal letto...


Nella seconda, mi sto lentamente ripigliando e stavo guardando se il telefono della Barbi aveva carica a sufficienza per riuscire a fare i selfie...


Sta di fatto che il riscaldamento è durato un minuto scarso (lo so, ho fatto dei passi indietro) e dopo il via sono andato al piccolo trotto (forse sono andato meglio giovedì, dovrei controllare).

Prima salita "Bonvini" e quasi mi areno sui gradini, chiesetta di San Cassiano ed una ragazza orsetto, mi passa mordendomi le caviglie... la lascio passare, (sono un po' scosso) e mi riprendo solamente quando si fa strada, tra l'asfalto, il ciottolato Gottuso.

L'ultimo tratto (visto che la prima parte ero quasi fermo), lo faccio molto bene, tant'è che il Saggio mi fa pure i complimenti... Ed io per ringraziarlo, pensando a Brenta ed al suo "vallo a prendere!", sullo scollinamento grido "PISTA!!!" e faccio il primo tratto a cannone raggiungendo i 2'19" di media...



Poi però rifiato quasi subito, perché è proprio il fiato quello che mi manca in questo momento, altro allungo nel sentiero Noseda e poi sui tornanti del parco del Campus, non riesco ad andare giù come un treno e penso di riposarmi per la salita del Montello...

Presa anche questa molto lentamente (meglio di giovedì), quando mancano 100 metri al traguardo della salita, grido VIA e mi lancio all'inseguimento di una macchina che ci ha superato... Ovviamente non mi segue nessuno (mi avranno preso per pazzo!)...

Però ormai di slancio, faccio la Marzorati a manetta, superando l'orsetta e poi al piantone ancora giù a rotta di collo, puntando il duo dell'Athlon, Nando e Alessandro. Qui non raggiungo le medie di Velate, ma un modesto 2'38" e riesco a tagliare la curva allargando e poi stringendo: quello che non avevo potuto fare l'anno passato perché pioveva... Arrivo col tempo di 41'21", due minuti peggio dell'anno scorso...

Però il bel tempo invoglia i selfie: Giuditta, Elisa, Fabio e Riccardo belli come il sole, solo il Soxj abbastanza devastato.


Ora si punta ai grandi piattoni: domenica a Parabiago farò la gara della vita! Cioè darò il massimo delle mie capacità. I risultati, se poi vorranno, arriveranno...






19.2.17

Facce da Picuz


Sfreccia la gialla nella nebbia del lago di Varese, sfreccia veloce e non si accorge di essere inseguita... non i fari, non i messaggi, ci vuole una chiamata per destarla dal suo torpore e permetterle di rifiatare... Qualche secondo di pausa, il tempo per ricaricare le energie, il tempo per notare che le borracce forse le hanno inventate per gli amici a quattro zampe, e poi via, la nebbia si dirada e il luogo di partenza è prossimo.
Qualche chilometro di riscaldamento, per far girare la gamba, per mettere in moto il motore e poi via, la salita si fa subito pesante, da togliere il fiato, e il fiato già ci (mi) abbandona dopo 100 metri ma non mollo, non questa volta...
La salita si fa sempre più dura, poi scollinerà un po' mi dice (dura da credere) e l'aria rarefatta già mi fa barcollare, ma non mollo, stringo i denti, qualche passo a camminare e poi si riparte. 
Due chilometri e mi dice "dai che ora spiana"... un'altro strappo, non si vede la fine, curva e contro curva e il miraggio di vedere una discesa su un'erta salita... Ma il miraggio c'è, mi stropiccio gli occhi e la strada spiana... il sentierino spiana e poi abbozza qualche centinaia di metri in discesa.
Raccolgo tutte le forze e mi porto sotto, cercando di centellinare le energie per l'ultimo tratto di salita, che so già che me la farà pagare.
Le piante sempre più rade annunciano l'avvicinarsi del Santuario di San Clemente e la strada si erpica per l'ultima volta, una lastra di cemento con le cappelle su piedistalli di legno poste ad una ventina di metri l'una dall'altra.
V, VI, VII, VIII... secondo tornante e mi fermo per qualche metro, mentre lui ha preso slancio verso la meta, altro tornante e IX, X, XI, XII... Ormai lo vedo e raccogliendo le ultime briciole residue di energia, riesco a correre per quegli ultimi metri che mi porteranno alla tanto agognata vetta di giornata...
Il panorama successivo fa dimenticare tutta la fatica provata...




Qualche minuto, qualche foto per rifiatare e poi giù in discesa, non alla disperata, quasi un defaticamento. Devo combattere non poco per frenare la mia testa e il mio fisico che mi urlano di andar giù a rotta di collo, e allora è "la domanda" quella che riesce a divincolarmi da questa idea e mi permette di tirar fuori questo guazzabuglio di pensieri: e "la risposta", o forse il segreto, è tutto intorno a noi; bisogna fondersi con tutto quello che c'è intorno, essere parte di esso... un processo non semplice, abbastanza delicato ed alcune volte doloroso e che ha lasciato segni. Ma una volta ottenuto riesce ad essere il tuo marchio di fabbrica.
Strani pensieri, strane idee e la strada si fa piana... ultimo tratto per ritornare in se, per ultime considerazioni e per ritornare coi piedi per terra.
Fine allenamento, cambio e un piccolo rinfresco... lo so, abbiamo iniziato con un caffè ed abbiamo finito col parlare di latte intero... Non penso che il "cosa" si mangia appena dopo la gara abbia una possibile controindicazione: mi piace pensare che vada in quel cassetto di energia di riserva da utilizzare per la prossima avventura.




7.2.17

Stramagenta

Articolo scritto lunedì sera ai 1822m di Sankt Moritz


Una delle gare più attese, iscrizione ancor prima della mezza di busto e primo e unico iscritto per almeno una settimana (mi avranno dato del pazzo).
Allora mi ero fissato in testa un obiettivo, obiettivo che è andato un po' a rotoli per vari problemini fisici; ora posso dire che è un buon punto di partenza.
La scelta su una dieci chilometri è facile da capirla: percorso piatto, zero sterrato (che per la mia caviglia è tanta roba); dieci chilometri pura e secca, dove non ci si può attaccare alla durezza del percorso od a altri fattori: si deve solo correrla a tutta.
Magenta poi mi stava qui per l'edizione dell'anno scorso: iscritto come non competitivo e in una giornata di pioggia come piace a me, avevo fatto registrare la peggior prestazione assoluta sulla distanza, di 48 e rotti, quindi gridavo vendetta.
La giornata parte carica: compagni di viaggio due fenomeni che neanche se camminano vanno sopra ai 4', qualche goccia di pioggia ed un freddo inusuale che sfiora gli zero gradi termici. Cambio e riscaldamento: sì, riesco a fare più di due chilometri di riscaldamento; ovviamente separati perché loro lo faranno a 4'15", tempo che io non riesco a farlo neanche in gara.

Zona di partenza alle 10 meno 10, quattro chiacchiere con l'Alessandro e poi il gonfiabile che si sgonfia e disegna sui runners la M di Magenta.
Sparo, cilecca, via, e lo sparo quando mi mancano ancora 10 secondi per tagliare la linea di partenza (avrò un tempo di 20 secondi superiore a quello reale): fortunatamente o saggiamente, parto a ritmo gara, sui 4'30", anzi, visto il cross di Arcisate (10k) fatto in 48'02" come unico allenamento di settimana mi riterrei soddisfatto di chiuderla sotto i 47'. Questa volta niente pretese di tempi migliori, vediamo un po' come va.
Riesco a raggiungere la Lara all'ingresso del parco, poi nel rettilineo successivo la Barbara. Sto andando bene e sto tenendo bene il passo anche se la fatica sembra aumentare e il fiato a diminuire. Prima del traguardo del primo giro, comincio ad accusare il colpo, al traguardo in 22 minuti e mezzo rallento come ad Arcisate e sono già lì a pensare al tempo finale ed a quale media tenere per non fare peggio dell'anno passato.
Poi però le cose cambiano, non so, vedo tutto in maniera diversa, mi guardo intorno e tutto il grigiore del paesaggio lascia il posto al colore ed al calore: quattro ragazzi al parco che fanno yoga, vicino al parcheggi dei bimbi, dei passanti che urlano ad una sciùra di non passare che stanno transitando i podisti, un'altra signora alla finestra che ci sta guardando giù con quell'aria di "cosa darei per essere li con loro".
I pensieri negativi lasciano spazio ad una nuova forza e alla convinzione che, al diavolo tutte le cose negative, ci si può provare; ed allora la media inizia a scendere, sempre di più, fino a quando decido pure di seguire lo Stefano e la Marta (che stavano andando a 4'15"). 



Poi però col cuore che mi sta uscendo dal petto, torno coi piedi per terra e decido di rallentare, ma solo di quel pochino per permettermi di arrivare al traguardo consapevole di aver dato tutto. Ultimi metri e cronometro che si ferma a 45'08. Un po' barcollante e in zona ristoro gorgonzola e bevanda, dove mi attendono infreddoliti i miei due compagni di viaggio: infreddoliti perché il Giò ha fatto il personale in 33'15 ed il Ferdi 35'13.



Molti amici runners hanno fatto il personale quest'oggi, molti l'hanno sfiorato, altri invece sono rimasti delusi dalla loro prova. Credo che ognuno deve essere sempre contento di aver dato tutto, in fondo non siamo professionisti e quello che facciamo a volte supera le nostre aspettative. Io sono contento di aver fatto 45 e rotti, di essere a 7 minuti dal mio personale, di aver corso in crescendo nel finale e di essermi divertito. Poi per i sogni c'è sempre tempo.